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lunedì 6 ottobre 2014

"Il viaggio" C. Baudelaire


Per il bimbo innamorato di carte e di stampe
l’universo è in tutto uguale a un vasto appetito.
Com’è grande il mondo alla luce delle lampade
e agli occhi del ricordo com’è rattrappito!

Un bel mattino si parte, le menti infiammate,
il cuore pieno di livori e struggimenti amari,
e si segue il ritmo dei marosi alle murate
che culla il nostro infinito sul finito dei mari.

Lieti alcuni di fuggire da una patria trista,
altri con l’orrore dei natali ingloriosi,
altri ancora, astrologhi stregati alla vista
di tiranne Circi dai vezzi pericolosi,

per non farsi tramutare in bestie, con fiducia
s’inebriano di spazi, luce e cieli infuocati,
e il gelo che li morde e il caldo che li brucia
cancellano infine i baci che li han marchiati.

Ma il vero viaggiatore è chi parte per partire,
chi dice soltanto: “Andiamo” e non sa perché
come gli aerostati, a cuor leggero, senza mire,
e accetta il sortilegio che incombe su di sé.

Sono in forma di nuvole i suoi desideri,
e tanto il soldato sogna il fucile come
costui sogna ignoti e mutevoli piaceri,
voluttà di cui la mente non sa il nome.

Noi imitiamo le bocce e trottole (tremendo!)
nei lor balzi e danze, ché la Curiosità vuole
tormentarci e farci correre anche dormendo,
come un angelo truce che frusti i cavalli del sole.

Strana sorte, la cui meta si sposta sempre altrove,
e non avendo luogo può essere dovunque;
così mai stanco di sperar l’Uomo si muove,
senza trovare mai riposo e sempre al dunque.

La nostra anima è un veliero che cercando va
il paese d’Icaro; e dal ponte si grida: “Laggiù!”
e dalla coffa: “Amore! Gloria! Felicità!”,
in deliro. L’inferno? Uno scoglio, niente più.

Ogni isolotto indicato dall’uomo di vedetta
è un Eldorado offerto dal nostro Destino;
l’Immaginazione inizia la sua orgia in fretta,
e scopre un nudo scoglio alla luce del mattino.

Povero innamorato di terre chimeriche!
bisogna metterlo ai ferri, gettarlo in mare
quel marinaio ubriaco, inventore di Americhe,
il cui miraggio rende le cadute più amare?

Come un vecchio randagio, tra fango e sporcizie,
sogna lucenti Elisi, fiutando il buon augurio;
e con l’occhio stregato vede luoghi di delizie

Strabilianti viaggiatori, quante nobili storie
si leggono nei vostri occhi fondi come i mari!
Mostrateci lo scrigno delle vostre memorie,
fulgide gemme fatte d’aria e spazi stellari!

Noi vogliam viaggiare senza vapore né vela;
alleviate un po’ la noia delle nostre prigioni,
mostrando ai nostri spiriti, tesi come una tela,
squarci d’orizzonte delle vostre evocazioni.

Dite, che avete visto?
appena una candela illumina un tugurio.“Vedemmo degli astri
e dei flutti, anche deserti di sabbia, sì,
ma pur tra emozioni e improvvisi disastri,
ci siamo annoiati spesso come accade qui.

Sul mare porpora il sole nel suo fulgore,
nelle città al tramonto le luci calanti,
accendevano in noi un inquieto ardore
d’affondar nei riflessi di cieli appassionanti.

Le città più ricche, i paesaggi più imponenti,
non contenevano mai gli incanti misteriosi
che le nuvole creano a caso tra i venti,
e sempre il desiderio ci rendeva ansiosi.

La gioia dà forza al desiderio: vecchia pianta
delle brame a cui il piacere fa da concime,
cui indurisce la scorza e di rami l’ammanta,
rami tesi a toccare il sole con le cime;

crescerai sempre, grand’albero più vivace
del cipresso? Pur qualche schizzo a mano
l’abbiam tracciato, per il vostr’album vorace,
fratelli che amate tutto quanto vien di lontano.

Fummo al cospetto di idoli proboscidati,
di troni con pietre sfavillanti e manieri
di tal favolosa pompa che, se sognati,
sarebbero la rovina dei nostri banchieri;

vedemmo costumi che danno stordimenti,
donne con unghie e denti tinti in strani stili,
e dotti giocolieri che carezzano i serpenti”.

O cervelli infantili,
non va scordata la cosa fondamentale:
dovunque abbiamo visto, senz’averlo cercato,
dalla cima fino in fondo alla scala fatale,
il tedioso spettacolo dell’immortal peccato:

la donna, schiava vile, essere fiero e stupido,
che idoleggia se stessa senza riso o vergogna;
l’uomo, tiranno ingordo, fatuo, duro e cupido,
e schiavo dello schiavo, risucchio di fogna;

e il boia che gioisce e il martire che langue,
e il veleno del potere che il despota stordisce,
la festa che infiora e dà profumo al sangue,
e il popolo avido della frusta che l’abbrutisce;

molte religioni come la nostra, di costume,
danno la scalata ai cieli; mentre la Santità,
come un mondano che si rivolti tra le piume,
su chiodi e crine va cercando la voluttà;

l’Umanità becera, ebbra del proprio genio,
e il folle, ancora folle come al tempo antico,
che grida a Dio, nell’agonia senza ritegno:
– O mio simile e padrone, io ti maledico! -

E i meno stolti, arditi amici della Demenza,
fuggono i grandi greggi ammassati dal Destino,
rifugiandosi nell’oppio d’immensa potenza.
Ecco, del globo intero, l’eterno bollettino”.

Viaggiando si acquistano ben amari saperi!
Il mondo, piccolo e monotono senza rimedio,
ci mostra la nostra immagine, oggi come ieri:
un’oasi d’orrore in un deserto di tedio.

Bisogna partire? Restare? Se puoi, resta.
Parti, se devi. Uno corre, l’altro s’intana,
per ingannar la sorveglianza vigile e funesta
del Tempo ostile. Altri prendono un’andana

senza soste, come gli Apostoli o l’Ebreo errante,
a cui non basta mai carrozza né vascello
per fuggire il martirio; altri, ciò nonostante,
sanno ucciderli senza uscir dal proprio ostello.

Ma quando ci schiacceranno, a testa china,
potremo sperare e dire: “Avanti fratelli!”.
Come si partiva un tempo per la Cina,
con gli occhi fissi al largo e il vento nei capelli.

Sul mare di Tenebre così ci imbarcheremo,
con l’animo d’un passeggero acerbo e ilare,
e le voci ammalianti e funebri che udremo,
canteranno: “Per di qua, se volete gustare

il profumato Loto; è qui che si prepara,
il prodigioso frutto cui il vostro cuore è incline;
venite a stordirvi della sua dolcezza rara,
in questo pomeriggio che non avrà mai fine!”.

Riconosciamo il fantasma dal tono familiare;
gli amici là ci tendono le braccia, mentre agli occhi
ci appare la sorella: “Vieni da Elettra a rinfrescare
il cuor tuo”, fa colei cui baciammo i ginocchi.


Morte, vecchio capitano, è tempo di andare!
Questo paese ci annoia, affrontiamo i marosi!
Se neri come l’inchiostro sono cielo e mare,
i nostri cuori che tu conosci son radiosi.

Morte, versaci il tuo veleno, ci conforta.
Vogliamo scender nell’abisso, giù nel covo,
fino a bruciarci il cranio: Inferno o Ciel, che importa?
Fino in fondo all’ignoto per trovare del nuovo.



domenica 28 settembre 2014

Desamparado....

Testa nella sabbia
La mia testa tra le mani
tempo rubato è tutto ciò che troveremo
ci vedremo mai che la pace della mente
io romperò e si piega
E non finisce mai
E non finisce mai  .......



domenica 27 luglio 2014

lunedì 19 maggio 2014

David Bowie - Heroes

Noi ci immaginiamo di comprarci la cava di calce quando non verrà più sfruttata.E li sotto ci vogliamo costruire delle case di legno con un enorme giardino pieno di animali e con tutto quello di cui uno ha bisogno per vivere.L'unica strada che c'è per arrivare alla cava la vogliamo chiudere.

Non avremmo comunque più alcuna voglia di ritornare su.

lunedì 12 maggio 2014

Io non so correre

Non ammettere le proprie incapacità e inabilità.....comunemente note.....
potrebbe generare effetti grotteschi
e ridicolizzanti.
Io non so correre, e nemmeno tuffarmi.

martedì 6 maggio 2014

Il cielo sopra Berlino...Il cielo sopra di noi....

Il cielo sopra Berlino
Il Tempo guarirà tutto. Ma che succede se il tempo stesso è una malattia? come se qualche volta ci si dovesse chinare per vivere ancora. Vivere, basta uno sguardo. È buffo non sento niente. È la fine e non sento niente. Devo disabituarmi ad avere cattiva coscienza quando non sento niente, come se il dolore non avesse un passato. Tutta la gente che ho conosciuto che resta e resterà nella mia memoria – finisce sempre quando sta per cominciare, era troppo bello per essere vero, finalmente fuori in citta.. chi sono io? chi sono diventata? la maggior parte del tempo sono troppo cosciente per essere triste. Ho aspettato un eternità che qualcuno mi dicesse una parola affettuosa; poi sono andata all'estero, qualcuno che dicesse 'Oggi ti amo tanto' come sarebbe bello, devo solo alzare la testa e il mondo sempre davanti ai miei occhi mi sale nel cuore. Quando ero bambina volevo vivere su un isola, una donna sola, potentemente sola. Sì, è così .. è tutto così vuoto, slegato, il vuoto, l'angoscia, l'angoscia, l'angoscia come un animaletto che si è perso nel bosco. Chi sei tu, non lo sò più. ......Ero solo io così poco seria, è il tempo cosi poco serio? Non sono mai stata solitaria, né da sola, né con qualcun altro; ma mi sarebbe piaciuto in fondo essere solitaria. Solitudine significa: "Finalmente sono tutto". Adesso posso dirlo perché oggi finalmente sono davvero sola. Bisognerà finirla prima o poi con il caso. Non so se ci sia un fine, ma so che ci deve essere una decisione, è necessario che tu decida. Deciditi! Ora il tempo siamo noi. Non solo la città intera, adesso è il mondo intero che prende parte alla nostra decisione. Ora noi due siamo più che due solamente, ora noi incarniamo qualcosa. Ed eccoci sulla piazza del popolo, siamo qui tutti e due e l'intera piazza è piena di gente che si augura la stessa cosa che ci auguriamo noi. Decidiamo noi il gioco per tutti. Adesso o mai più. Tu hai bisogno di me, tu avrai bisogno di me. Non c'è storia più grande della nostra, quella mia e tua, Quella dell'Uomo e della Donna. Sarà una storia di giganti, invisibili, riproducibili; sarà una storia di nuovi progenitori. Guarda i miei occhi, sono l'immagine della necessità, del futuro di tutti sulla piazza. La notte scorsa ho sognato qualcuno, uno sconosciuto, il mio uomo. Soltanto con lui potevo essere Sola e aprirmi a lui, aprirmi tutta, tutta sua, farlo entrare dentro di me tutto intero, avvolgerlo con il labirinto della comune beatitudine. E io lo so, sei tu quello.. Una passante, che sotto la pioggia chiuse di colpo l'ombrello lasciandosi bagnare tutta. Ah ecco: uno scolaro, che descriveva al suo maestro come una felce nasce dalla terra. Ha fatto stupire il maestro. Una cieca, che quando si accorse di me si mise a tastare l'orologio. Sì, è magnifico vivere di solo spirito e giorno dopo giorno testimoniare alla gente, per l'eternità, soltato ciò che è spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa e allora non vorrei più fluttuare così in eterno, vorrei sentire un peso dentro di me che mi levi quest'infinitezza legandomi in qualche modo alla terra: a ogni passo, a ogni colpo di vento, vorrei poter dire "Ora." "Ora." e "Ora." e non più "Da sempre:", "In eterno.". Per esempio, non so: sedersi al tavolo da gioco ed essere salutato, anche solo con un cenno. Ogni volta che noi abbiamo fatto qualcosa era solo per finta...Alla fermata Zoo del metrò l'impiegato, invece di dire la fermata della stazione, improvvisamente ha gridato "Terra del Fuoco!". Sulle colline un vecchio leggeva l'Odissea ad un bambino... E il piccolo uditore smise di socchiudere gi occhi.

lunedì 10 marzo 2014

Ubriacatevi

Ubriacatevi”

tratto da “Lo Spleen di Parigi”, poemetto in prosa XXXIII
  

“Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: è l’unico problema. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi piega a terra, dovete ubriacarvi senza tregua.
Ma di che cosa? Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi.E se talvolta, sui gradini di un palazzo, sull’erba verde di un fosso, nella tetra solitudine della vostra stanza, vi risvegliate perché l’ebbrezza è diminuita o scomparsa , chiedete al vento, alle stelle, gli uccelli, l’orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che scorre, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, chiedete che ora è: e il vento, le onde, le stelle, gli uccelli, l’orologio, vi risponderanno:
- E’ ora di ubriacarsi! Per non essere schiavi martirizzati dal Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare.”

domenica 9 febbraio 2014

Alla ricerca di uno spessore.

Un état intime perd son sens dès qu'il devient public. On pense à céder la place à la partager avec le monde, en réalité, ne sert qu'à l'homme de commencer à y croire ... lui-même. Pas d'autres.
L'âme est seulement interne et doit le rester.  L'extérieur est corrompu.

venerdì 7 febbraio 2014

Senza basi non ci sono altezze

Nella vita si può sempre migliorare.....
Questo è possibile, difficile, ma con impegno si può sempre cambiare corso all'evoluzione, in positivo, della propria persona.
Per alcuni questo "possibile miglioramento" coincide con lo stravolgimento netto della propria personalità, della propria anima. Ed è qui che si cade in errore. Charles Manson non potrà mai diventare una Pio uomo, il suo animo "ignobile" non potrà mai redimersi.
Purtroppo, credo, che ognuno di noi sia capace di cambiare il guscio della propria interiorità, modificarne il vestito, sceglierne nuove tonalità...ma ciò che tale guscio nasconde rimarrà uguale per sempre. Non si possono cambiare le basi della propria esistenza...come un terreno mal contaminato ha bisogno di un ripristino totale per poter essere ri-contaminato, così per noi uomini sarebbe necessario rinascere in un nuovo corpo, per una nuova vita.
Non crederò mai nei cambiamenti, ma sarò sempre fiduciosa nei confronti del "miglioramento" e  smussamento delle angolature del nostro carattere.
"Così se vuoi cambiare invece resti uguale per l'eternità".... è proprio vero!
  Soprattutto non credo nel cambiamento quando alla fine ciò che si diventa è, volgarmente detto, un pallone gonfiato.
A tal proposito